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Ora lo spazio ha i suoi spazzini ROANA. Un ingegnere aerospaziale di Treschè Conca crea con tre colleghi un sistema per controllare i satelliti in disuso. Evitare le collisioni fra spazzatura e strumenti attivi comporta un enorme risparmio
Roana. Se diminuiranno i rifiuti spaziali, o se addirittura scompariranno del tutto, sarà anche merito di un altopianese.
Thomas Panozzo, trentaquattrenne ingegnere aerospaziale originario di Treschè Conca, frazione di Roana, ha contribuito alla soluzione per la cosiddetta spazzatura spaziale, pericolosa sia per i satelliti artificiali ancora attivi, sia per gli astronauti che gravitano attorno alla Terra durante le missioni.
Panozzo, laureatosi a pieni voti nel 2003 al Politecnico di Milano, dopo aver conseguito un master negli Stati Uniti partecipando ad un esperimento di biologia in microgravità partito poi con lo Shuttle Columbia, è stato poi contattato dall'Esa (l'equivalente europeo della Nasa), dove ha lavorato per alcuni anni, per poi approdare in Ariane Espace, il consorzio europeo al quale l'Italia partecipa con il 10 per cento, che si occupa di servizi di lancio per satelliti di telecomunicazioni e scientifici.
Entrato come ingegnere in ottimizzazione di traiettorie, dopo due anni è passato alla direzione commerciale, dove tuttora si trova, in qualità di Program Manager, con mansioni di gestione dei contratti di lancio per satelliti di telefonia mobile, internet a banda larga e tv ad alta definizione.
Ma Thomas Panozzo è andato oltre. Insieme ad un altro vicentino, Luca Rossettini, e due colleghi di Milano e di La Spezia, ha fondato nel 2010 una startup - nata nella Silicon Valley e portata in italia - per sviluppare il progetto "D-Orbit", un sistema per riportare a Terra i satelliti obsoleti. Anche di recente due satelliti ormai in disuso, uno statunitense ed uno tedesco, sono precipitati sulla Terra con un concreto rischio per le zone abitate. «Quello dei rifiuti spaziali - spiega Panozzo - è uno dei problemi maggiori nel campo delle missioni perché i residui che fluttuano senza controllo rappresentano un serio pericolo per gli astronauti che si trovano ad operare nello spazio».
Il progetto D-Orbit consiste nello sviluppo di un software e un dispositivo particolari che, installati sui satelliti, consentono di controllarne il rientro, in modo che si brucino nell'atmosfera oppure facendoli cadere in mare o in zone disabitate.
Il progetto D-Orbit ha potuto vedere la luce grazie al finanziamento di alcune decine di milioni di euro da parte di sovvenzionatori privati: con questo sistema infatti le aziende che mettono in orbita satelliti possono risparmiare moltissimi soldi, evitando sia danni a satelliti in attività, sia problemi a persone e cose a terra. «La sicurezza nello spazio è fondamentale per il progresso della tecnologia - conclude Panozzo - e in questo ho realizzato uno dei sogni della mia vita, garantire missioni spaziali sicure minimizzando il rischio di impatto con vecchi satelliti o frammenti di essi».
Thomas Panozzo, trentaquattrenne ingegnere aerospaziale originario di Treschè Conca, frazione di Roana, ha contribuito alla soluzione per la cosiddetta spazzatura spaziale, pericolosa sia per i satelliti artificiali ancora attivi, sia per gli astronauti che gravitano attorno alla Terra durante le missioni.
Panozzo, laureatosi a pieni voti nel 2003 al Politecnico di Milano, dopo aver conseguito un master negli Stati Uniti partecipando ad un esperimento di biologia in microgravità partito poi con lo Shuttle Columbia, è stato poi contattato dall'Esa (l'equivalente europeo della Nasa), dove ha lavorato per alcuni anni, per poi approdare in Ariane Espace, il consorzio europeo al quale l'Italia partecipa con il 10 per cento, che si occupa di servizi di lancio per satelliti di telecomunicazioni e scientifici.
Entrato come ingegnere in ottimizzazione di traiettorie, dopo due anni è passato alla direzione commerciale, dove tuttora si trova, in qualità di Program Manager, con mansioni di gestione dei contratti di lancio per satelliti di telefonia mobile, internet a banda larga e tv ad alta definizione.
Ma Thomas Panozzo è andato oltre. Insieme ad un altro vicentino, Luca Rossettini, e due colleghi di Milano e di La Spezia, ha fondato nel 2010 una startup - nata nella Silicon Valley e portata in italia - per sviluppare il progetto "D-Orbit", un sistema per riportare a Terra i satelliti obsoleti. Anche di recente due satelliti ormai in disuso, uno statunitense ed uno tedesco, sono precipitati sulla Terra con un concreto rischio per le zone abitate. «Quello dei rifiuti spaziali - spiega Panozzo - è uno dei problemi maggiori nel campo delle missioni perché i residui che fluttuano senza controllo rappresentano un serio pericolo per gli astronauti che si trovano ad operare nello spazio».
Il progetto D-Orbit consiste nello sviluppo di un software e un dispositivo particolari che, installati sui satelliti, consentono di controllarne il rientro, in modo che si brucino nell'atmosfera oppure facendoli cadere in mare o in zone disabitate.
Il progetto D-Orbit ha potuto vedere la luce grazie al finanziamento di alcune decine di milioni di euro da parte di sovvenzionatori privati: con questo sistema infatti le aziende che mettono in orbita satelliti possono risparmiare moltissimi soldi, evitando sia danni a satelliti in attività, sia problemi a persone e cose a terra. «La sicurezza nello spazio è fondamentale per il progresso della tecnologia - conclude Panozzo - e in questo ho realizzato uno dei sogni della mia vita, garantire missioni spaziali sicure minimizzando il rischio di impatto con vecchi satelliti o frammenti di essi».
Da "il giornale di vicenza"
Scritto da Maurizia
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